Il corpo del bambino piccolo

A novembre 2017 in un’aula affollata, una pediatra di libera scelta, una neuropsichiatra infantile, psicologhe-psicoterapeute dell’età evolutiva e psicomotricisti hanno raccontato la loro esperienza di lavoro, confrontandosi sul tema del corpo del bambino piccolo, dialogando tra loro e con il pubblico.

E’ stata una preziosa occasione di incontro e di riflessione tra figure professionali che si prendono cura del bambino e della sua salute, con ruoli e strumenti differenti, nata dal desiderio di integrare visioni e pensieri, alla ricerca di un linguaggio comune e di un fare condiviso.

 

L'immagine della locandina (un’opera di Keith Haring, pittore e writer statunitense) rappresenta in modo efficace come gli essere umani siano il risultato originale dell’incontro del loro DNA, del loro patrimonio genetico con il loro ambiente relazionale e come la storia di ciascuno di noi rimanga scritta nel nostro corpo.

 

Parlare di corpo del bambino piccolo inevitabilmente ci rimanda alle origini della vita, alla vita prenatale. Le ricerche più recenti (Neuroscienze, Infant Research, Infant Observation) ci dicono che il feto è influenzato dalle esperienze precoci in utero, che è il ricettore di tutte le ansie e le felicità della mamma.

 

Anche la nascita è un fatto bi-personale, un fatto che riguarda due corpi in relazione, è l'esperienza del corpo che incontra il corpo dell'altro; ed è proprio il contatto, l'ancoraggio al corpo materno che, attraverso i gesti quotidiani di cura e di accudimento, lentamente unifica il sentire del bambino, le sue sensazioni primitive, che gli dà una continuità (Anzieu parla di “Io pelle”).
Ecco allora che il corpo costituisce il terreno d'incontro per la mamma e il neonato e la sua immaturità fisica, creando una dipendenza prolungata, costruisce e a poco a poco rinsalda, quella che diventerà una base sicura, perché il bambino possa sentirsi sé stesso all’interno del proprio corpo.

 

Infatti il pensiero nasce a partire dal corpo e la vita mentale del bambino incomincia dal contatto fisico: il corpo materno, le braccia, il volto, la voce diventano un luogo stimolante per il pensiero.
Il bambino che vede se stesso nello sguardo della mamma, incomincia a sentirsi reale, la mamma di fronte ai suoi segnali e ai suoi messaggi, fa un prezioso lavoro di traduzione di quello che il bambino prova, mettendo a disposizione la propria mente e donandogli il suo pensiero.

 

Il rapporto con una mente capace di far posto, di accogliere, trasformare e dare significato, è un elemento fondamentale della nostra crescita e della nostra maturazione psichica e mentale.

 

Proprio per questo diventare ed essere genitori capaci di comunicare con i propri figli, soprattutto sul piano emotivo, di sostenere il loro sviluppo mentale è un percorso complesso, che richiede un lungo apprendimento, che a volte può essere ostacolato da diversi fattori transgenerazionali, personali e sociali.

 

La fisiologica immaturità della psiche infantile predispone il bambino piccolo a riversare sul corpo, tensioni, emozioni, conflitti che non possono ancora essere tenuti, compresi e risolti nella mente, a segnalarli attraverso manifestazioni corporee o comportamentali, che possono essere lette come veri e propri segnali di malessere. Ecco allora che il corpo del bambino che soffre, i mali del corpo del bambino rappresentano un compromesso tra corpo e mente, tra fisiologia ed emozioni, il corpo racconta quello che il bambino non è in grado di dire in altro modo, facendosi spesso portavoce di un malessere interno o familiare.

 

Nel suo intervento la pediatra Cristina Candiani ci ha ricordato le molteplici radici della parola “cura” (dal latino “cor”: cuore, da “ku-kav”: osservare, dal sanscrito “kavi”: saggio), un termine che esprime l'atteggiamento di premura, sollecitudine, attenzione, delicatezza, ma anche di preoccupazione e inquietudine nei confronti di una persona amata o di un oggetto di valore.

 

Cura come avere cura, come prendersi cura...Cura come inquietudine…quell’inquietudine che fa l’uomo curioso e che lo spinge alla ricerca della conoscenza e del cambiamento.

 

Proprio per accogliere le richieste e i suggerimenti di molti partecipanti, abbiamo pensato di organizzare nel mese di Marzo 2018 una seconda parte del convegno, per trasformare i pensieri e le suggestioni emersi in strumenti operativi concreti per ciascun operatore.
Sarà un incontro formativo con un taglio più operativo, in cui lavoreremo in piccoli gruppi di discussione e di approfondimento partendo dalle osservazioni, dalle domande e dai bisogni dei partecipanti, in modo che formatori e operatori possano confrontarsi e parlare insieme delle loro esperienze.

Non appena avremo deciso la data e la sede ve lo comunicheremo, augurandoci di ritrovarvi numerose come nella giornat di Novembre.

 

Dott.ssa Marienlla Galante 

 

 

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