“Come sono nato?”, “come si fanno i bambini?”, “perché si muore?”.
Verso i tre anni sono questi alcuni dei grandi temi su cui si focalizza la curiosità del bambino, il suo desiderio di sapere. Gli stessi su cui da sempre si interroga l’uomo: la nascita, l’amore, la morte.
In che modo si può superare il senso di imbarazzo, di disagio di fronte a queste domande?
Quante domande ci fanno i nostri bambini quando cominciano a ragionare, curiosare e a vedere tutto quello che accade intorno a loro.
Intorno all’età dei tre anni, quando ormai il sistema cerebrale è maturo, i bambini cominciano a porsi diversi interrogativi che ripropongono ai genitori, agli insegnanti, ai nonni e a tutte le persone che si prendono cura di loro.
Il bambino fa domande su tutto: perché si fanno le cose in questo modo e non in un altro, come funzionano le cose, e soprattutto come è fatta la gente.
Nei momenti più disparati della quotidianità, i bambini irrompono inaspettatamente con le loro domande “perché piove?”, “perché esistono le malattie?”, “come faccio a consolare il mio amico?” che riempiono d’orgoglio i genitori perché mostrano l’acutezza, l’intelligenza, la sensibilità e l’intuizione dei loro figli.
Porre domande rappresenta una tappa importante nella vita di un bambino e ottenere delle risposte è una restituzione utile per soddisfare la loro curiosità e ampliare così il loro bagaglio conoscitivo.
Ad un certo punto della crescita, la curiosità di un bambino non si limita più al mondo che lo circonda, ma si sposta su se stesso, la sua vita, le sue origini.
“Come nascono i bambini?”, “perché mamma e papà dormono insieme?”, “come fa il bambino ad entrare nella pancia della mamma?”.
Domanda dopo domanda, dalla fantasia “quando io sarò grande tu mamma diventerai piccola?”, il bambino si avvicina a poco a poco alla realtà: “perché il papà è ammalato?”, “dove è andato il nonno, perché non torna più?”, “anche tu morirai? Ma io non voglio!”.
Le domande del bambino non nascono dal nulla: dalle sue parole ci si accorge che ci ha già pensato da solo, dentro di sé, che è importante per lui conoscere la “verità” ed è per questo motivo che vanno valorizzate, sempre.
Ma come rispondere?
C’è quasi sempre un senso di imbarazzo, di disagio di fronte alla disarmante semplicità con cui il bambino pone i suoi interrogativi.
E non è strano. Sono davvero “domande difficili” perché sono al centro della nostra stessa vita, eppure bisogna cercare di rispondere.
Ne va della fiducia che il bambino ripone nei suoi genitori o negli adulti di riferimento, ma anche del suo sviluppo intellettuale, della sua capacità di apprendimento.
Per non dar voce alla confusione e ancor più alla frustrazione è indispensabile dare delle risposte che devono essere, a seconda dell’età dei bambini, quanto più possibile veritiere e corrispondenti alla realtà. Questo perché i bambini vanno protetti ma assolutamente non vanno ingannati.
I genitori, gli insegnanti, gli educatori a volte preferiscono restituire risposte evasive e fuorvianti perché sono “vittime” di una cultura che ha risposto loro in maniera ambigua e sfuggente “sei ancora piccolo per queste cose” e si trovano quindi in difficoltà di fronte ad alcuni tipi di domande.
Ma per conquistarci la fiducia dei nostri piccoli interlocutori è indispensabile liberarci di questo nostro background culturale fornendo loro invece delle risposte concrete e significative. Comportandoci così saremo per loro dei veri punti di riferimento di fronte agli innumerevoli interrogativi della loro esistenza.
In consultazione talvolta i genitori riportano la fatica ad affrontare certi argomenti con i propri bambini e cercano delle risposte “giuste” alle loro domande.
Non esiste una regola universale per fornire risposte ai nostri bambini, vi è però la possibilità di crescere ancora insieme a loro attraverso un rapporto fatto di ascolto e di dialogo, momenti di preziosa vicinanza che favoriscono il benessere psichico dei piccoli oltre che gli apprendimenti.
Non occorre avere grandi conoscenze specifiche per rispondere al bambino nel modo più adeguato, è più utile affrontare la questione in modo semplice, spontaneo diretto lasciando spazio alle emozioni, ai sentimenti e ai dubbi.
È attraverso i genitori e le figure di accudimento che il bambino comincia a conoscere se stesso e a orientarsi nel mondo. Se le sue domande cadono nel vuoto, vengono accolte con disapprovazione e inibite, anche il suo desiderio di sapere viene soffocato.
Dott.ssa Eugenia Vezzoli